La denuncia in un report di Amnesty International.

Alluvioni a Gaza “tragedia ampiamente evitabile” e il genocidio continua

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Centinaia di palestinesi sfollati, senza più tende come riparo – portate via dai forti venti e dalle alluvioni – sono costretti a vivere tra le macerie dei palazzi distrutti dalle bombe.

A Gaza la vita quotidiana continua ad essere un inferno.

E questo non può considerarsi una inevitabile «calamità naturale».

A dirlo è Amnesty International nel suo ultimo report: 

«si tratta di una tragediautterly preventable’, ampiamente evitabile», scrive.

«I video devastanti di tendopoli allagate e resti di case implose, circolati nei giorni scorsi, non possono essere semplicemente derubricati come conseguenza di “condizioni meteo avverse”», avverte Amnesty.

Sono piuttosto il «prevedibile effetto del genocidio di Israele in corso, e della deliberata politica di bloccare l’ingresso di tende, ripari e materiali da costruzione per gli sfollati».

Circa 50 milioni di dollari in aiuti, materiali e beni di prima necessità sono ancora bloccati ai valichi dal giorno del cessate-il-fuoco e almeno 124 richieste di Ong sono state rigettate, fa sapere Amnesty.

«Il genocidio continua a dispetto del cessate-il-fuoco», vi si legge.

E questo avviene «infliggendo condizioni di vita tali, calcolate per portare alla distruzione fisica dei palestinesi», si legge nel report.

«Ancora non riesco ad accettare il fatto che siamo sopravvissuti ai bombardamenti per poi vedere i miei bambini morire sotto la tempesta», racconta disperato ad Amnesty, Mohammed Nassar, papà di Lina e Ghazi, morti durante le alluvioni della tempesta Byron.

Chi non vuole perire all’addiaccio cerca riparo tra le macerie:

«ma le abitazioni pericolanti stanno mettendo fortemente a rischio la vita di centinaia di palestinesi senza protezione», ha detto il portavoce della Gaza Civil Defence all’agenzia stampa Anadolu. 

«Abbiamo ripetutamente allertato il mondo ma senza successo», dice.

E in effetti le richieste di aiuto di Gaza restano praticamente inascoltate.

La tempesta ha distrutto gli accampamenti precari lasciando anche i bambini alla mercè delle forti piogge. 

Dopo Rahaf, la bimba di otto mesi morta di ipotermia a Khan Younis, un altro neonato, Abdeen, ieri è deceduto per il freddo.

«Il dottor Ahmed Al -Farra, primario del reparto di pediatria del Nasser Medical Complex di Khan Younis, ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire e ha avvertito di un aumento dei decessi», fa sapere Sami Abuomar, cooperante palestinese che lavora con ong italiane a Gaza.

Le poche merci che circolano entrano con il contagocce e arrivano a destinazione decimate e in ogni caso non bastano a soddisfare le necessità di migliaia di persone.  

Le bombe continuano comunque a cadere, nonostante la dichiarata tregua:

«Un missile ha colpito la signora Tamam al-Qara nei pressi della filiale della Banca di Palestina a Bani Suheila, a est di Khan Younis – scrive Abuomar sui social – mentre alcuni residenti stavano ispezionando le loro case e i loro beni».

Le scene descritte sono raccapriccianti:

«secondo un testimone, alcuni dei suoi parenti hanno cercato di raggiungerla e spostarla, ma dei droni quadricotteri li hanno inseguiti e hanno aperto il fuoco.

Al momento, non ci sono conferme sulla sua sorte; non è chiaro se sia stata uccisa, ma è stata colpita direttamente e si trova ancora sul posto».

La complicità dei Paesi europei, compreso il nostro, anche in questa fase bellica è altissima:

«la pace non c’è, continua la soppressone dei palestinesi – ha detto l’avvocato Fabio Marcelli intervenuto giorni fa ad una conferenza stampa alla Camera – e continua anche grazie ad un appoggio esterno, che consiste nella fornitura di armamenti e di addestramento militare; di possibilità delle armi di transitare sul nostro territorio».

E tutto ciò in violazione della «Convenzione del ’48 sul genocidio e in particolare di due articoli, tra cui l’obbligo di prevenirlo».

Marcelli, con la deputata Stefania Ascari hanno ricordato (qui la registrazione) che l’Italia è il terzo fornitore mondiale di armamenti a Israele, «che commette crimini di guerra e crimini contro l’umanità».

Ascari dice chiaramente:

«La Convenzione sul genocidio impone agli Stati l’obbligo di intervenire per prevenire il genocidio e il nostro Paese non ha rispettato questo obbligo, preferendo voltarsi dall’altra parte».