«Ho appreso con immensa tristezza le notizie dei rapimenti di sacerdoti, fedeli e studenti nella Nigeria e nel Camerun.
Sento forte il dolore soprattutto per i tanti ragazzi e ragazze sequestrati e per le loro famiglie angosciate.
Rivolgo un accorato appello affinché vengano subito liberati gli ostaggi ed esorto le Autorità competenti a prendere decisioni adeguate e tempestive per assicurarne il rilascio.
Preghiamo per questi nostri fratelli e sorelle, e perché sempre e ovunque le chiese e le scuole restino luoghi di sicurezza e di speranza.
Papa Leone domenica scorsa all’Angelus è così intervenuto pubblicamente, facendo pressione per la liberazione dei tanti ostaggi, tra i quali almeno 300 studenti in Nigeria e sei sacerdoti in Cameroun, cinque dei quali liberati.
Il gravissimo assalto di venerdì 21 novembre, in Nigeria, ha portato al rapimento di 315 persone, tra cui 289 alunni, 14 studenti della scuola secondaria e 12 membri dello staff; fortunatamente «50 alunni sono riusciti a fuggire e a riunirsi alle loro famiglie».
Lo ha comunicato ieri la diocesi di Kontagora in un aggiornamento sul sequestro avvenuto nelle scuole cattoliche primarie e secondarie di St Mary a Papiri, in Nigeria, come riporta l’agenzia stampa Sir.
Nel rapporto, firmato dal segretario diocesano, si precisa che gli studenti fuggiti «non sono tornati a scuola, ma abbiamo potuto confermare il loro rientro sicuro durante le visite o tramite le chiamate delle famiglie».
La diocesi afferma che «265 persone rimangono in cattività – 239 alunni, 14 studenti e 12 membri dello staff».
In Cameroun è invece la regione di Ndop, nel Nord-Ovest del Camerun, una delle aree più vulnerabili del conflitto anglofono che dal 2016 attraversa il Paese.
«La zona di Ndop, come molte altre delle regioni Nord-Ovest e Sud-Ovest, rimane estremamente pericolosa», racconta al Sir l’arcivescovo di Bamenda, monsignor Andrew Nkea Fuanya.
Descrive un territorio nel quale «persistono numerosi gruppi armati disseminati in quasi tutti i villaggi, e questo rende la vita quotidiana molto difficile».
(Nella foto Port Harcourt, in Nigeria. Foto Pexel)

