A Torino presentato il Festival della Missione, don Pizzoli: “Il volto della Chiesa in uscita”

Facebooktwitterlinkedinmail

Anteprime, visite e “porte aperte”, mostre. E poi oltre cinquanta eventi in quattro giorni.

Il Festival della Missione promette di “movimentare”, dal 9 al 12 ottobre, Torino, città che accoglie la terza edizione del festival, dopo quelle di Brescia e di Milano.

“Il volto prossimo” è il titolo generale dell’evento, che porterà nella città della Mole testimonianze dai cinque continenti, artisti (un nome: Luciana Littizzetto, torinese, che parteciperà all’evento inaugurale), teologi, laici, religiosi e sacerdoti che da anni vivono tra la gente seminando parole di speranza.

«Diverse realtà e organismi missionari hanno lavorato per preparare questo festival: c’è la preziosità di lavorare insieme con gli istituti missionari, con una collaborazione stretta tra Cimi, Fondazione Missio, e con la diocesi che ci ospita. Insieme per un unico ideale: far conoscere il senso vero della missione della Chiesa al grande pubblico».

Don Giuseppe Pizzoli, direttore generale di Missio, presente alla conferenza che a Torino illustra il festival, sottolinea ancora: “Ci portiamo dietro, per tradizione, un’idea di missione legata a espressioni e forme di carità, solidarietà, sviluppo umano.

E questo è verissimo. Ma occorre riconoscere che i missionari che vanno tra le genti si inseriscono nella realtà di quei popoli, ne colgono lingue, tradizioni, cultura e si immedesimano in quelle realtà, creando le condizioni per un vero dialogo di fraternità, e annunciando il vangelo di Gesù.

Lo scopo del festival sarà trasmettere questa realtà di Chiesa in uscita”.

“Il volto prossimo”, tema del festival, «prende ispirazione dalla città che ci ospita, Torino, che custodisce la Sindone dove è impresso il volto di Cristo», dice ancora don Giuseppe.

Come missionari siamo chiamati a far conoscere il volto di Gesù e il vangelo, la sua ‘buona notizia’; ma missione significa anche riconoscere nel volto di ogni uomo il volto di Cristo.

Così la missione diventa sempre più un incontro tra volti, relazioni personali e autentiche, di rispetto, di pace, di dialogo, fondate sulla dignità di ogni persona».

Il festival si collocherà in particolare nel centro città, tra piazza Castello, la Facoltà teologica e la chiesa San Filippo Neri.

I promotori sono, appunto, Fondazione Missio e Conferenza degli istituti missionari (Cimi), assieme alla diocesi torinese. «Il festival è un processo, un appuntamento che si costruisce con il tempo, fatto di storie che si incontrano, di testimoni, di idee», ha spiegato la giornalista di Avvenire, Lucia Capuzzi che, assieme ad Alessandro Galassi, svolgono il ruolo di direttori artistici.

«Il festival avrà un linguaggio ‘laico’, perché la proposta intende rivolgersi a tutti. Vorrebbe essere un’occasione di dialogo, animando vari luoghi della città, portando nelle piazze il valore disarmato dello stare insieme”.

«Il festival ci può aiutare a parlare ancora oggi di missione e a portare il messaggio di Gesù»: monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti e delegato della Conferenza episcopale piemontese per le missioni, interviene alla conferenza stampa di presentazione con una riflessione sul senso della vita e del credere:

«Occorre superare i propri egoismi. Il vangelo cambia l’esistenza e insegna ad andare incontro alle persone, alla vita, e così facendo trasforma la società. È il farsi prossimo, è farsi carico delle vite altrui: l’incontro con l’altro ci svela il volto di Gesù».

Monsignor Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare di Torino, rappresenta la diocesi che accoglie il festival. “Abbiamo accolto l’invito ad ospitare il festival.

E come sempre l’accoglienza richiede un movimento ‘in uscita’. Per Torino, e per la sua Chiesa, il festival offrirà l’opportunità di allargare lo sguardo, e così di allargare il cuore.

Sarà l’occasione per far risuonare parole differenti ed essere presenti in modo diverso tra le persone con l’impegno di annunciare il vangelo”.

Monsignor Giraudo ringrazia gli organizzatori e tutte le realtà torinesi e diocesane che si sono mobilitate per realizzare l’appuntamento.

Tra le realtà citate figurano i missionari della Consolata, i salesiani, Sermig, Gruppo Abele, Libera, il Cottolengo. Numerose le realtà sociali, di volontariato e le imprese che sostengono materialmente il festival.

Durante la conferenza di presentazione del Festival della Missione sono risuonate anche due testimonianze.

La prima, di Natalina Isella, suora laica della Congregazione Istituto secolare delle discepole del Crocefisso, che da quasi cinquant’anni è missionaria nella Repubblica Democratica del Congo quale responsabile della casa di accoglienza Ek’abana, da lei stessa creata, situata a Bukavu, nella regione del Kivu, dove accoglie e accompagna in percorsi di sostegno le numerose bambine accusate dai parenti di essere “streghe”.

Cesar Piscoya, invece, laico peruviano, teologo, collaboratore del Celam, ed è stato segretario esecutivo della vicaria pastorale della diocesi di Chiclayo accanto all’allora vescovo Robert Prevost, oggi Papa Leone.

Piscoya racconta i fondamenti della missione secondo Prevost, che descrive come «personalità semplice, umile, sempre vicino alla gente».

Nella diocesi in cui mons. Prevost era vescovo «abbiamo vissuto la sinodalità – afferma –, invitati a mettere sempre al centro la dignità delle persone, la corresponsabilità dei laici per superare il clericalismo».

Padre Fabio Baldan, provinciale dei Comboniani e presidente della Cimi, conclude con una riflessione sul legame tra Festival e Giubileo del mondo missionario.

«Il legame è la speranza. Ci è richiesto di essere gente di speranza, per un futuro diverso, fondato sull’umanità, sull’incontro, sulla pace».

Parlando dei missionari, richiama la «dimensione del cammino, durante il quale si guarda avanti, verso la meta; si alzano gli occhi verso l’alto. Ma si guarda anche negli occhi chi è vicino, per condividere la strada con chi ci è accanto. Come fanno i missionari».