Paraguay: tra droga e corruzione, il lavoro di redenzione della Chiesa missionaria

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La testimonianza di suor Noemí Domínguez Ríos, delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, missionaria nella Parrocchia di San Juan Bautista a Lambarè.

Come sovente accade in molti Paesi poveri, anche il Paraguay è terra dalle grandi contraddizioni, in cui miseria e ricchezza, solidarietà e sfruttamento camminano uno accanto all’altro.

«Dopo una guerra infame – quella nota come Guerra della Triplice Alleanza – in cui il Paese ha perso il 70% della sua popolazione, si è riusciti ad andare avanti senza perdere la fede in Dio, la gioia e l’ospitalità.

Eppure il popolo è stato tradito innumerevoli volte da una classe politica senza scrupoli. Produciamo più energia di quanta ne possiamo consumare, ma per la gente è costosa e precaria.

Abbiamo due lingue ufficiali in cui ci riconosciamo, tra cui il guaraní, la nostra lingua madre, ma disprezziamo i nostri indigeni.

Il territorio nazionale si trova su un’enorme riserva di acqua dolce, la falda del Guaraní, eppure ci ammaliamo bevendo acqua non potabile.

La popolazione è scarsa, eppure molti non possiedono case o terreni».

E’ un fiume in piena suor Noemí Domínguez Ríos, missionaria delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret.

Dopo molto tempo speso in Argentina, tra la provincia di Formosa e quella di Buenos Aires, è tornata da alcuni anni nel suo Paraguay, prima nel dipartimento di Itapúa ed ora in quello di Lambaré.

«Nella Parrocchia di San Juan Bautista gestiamo un Centro di Assistenza per bambini e madri in contesti di violenza, in una zona altamente vulnerabile, dove la realtà del consumo di droga è evidente e alla luce del sole – racconta la religiosa -.

La maggior parte dei residenti è impegnata nella raccolta e nel riciclaggio di vari oggetti: cartone, rame, plastica, ferro e questo fa sì che la pulizia nelle case e nelle strade del quartiere non sia una priorità, lo spazio è malsano, contaminato dai resti di ciò che si ricicla e dalla combustione della spazzatura.

Molti centri di raccolta dei rifiuti sono facciate del narcotraffico.

E’ la droga e non il denaro la moneta di scambio di ciò che viene riciclato.

Questa collusione fa sì che tossicodipendenti e senzatetto (adolescenti, giovani e adulti senza distinzione di sesso) rimangano nel quartiere e consumino sostanze apertamente negli spazi pubblici.

Insieme ai Padri Clarettiani e a molti laici abbiamo avviato il Centro Santa Juana Antida, uno spazio sicuro, dove i bambini dove possono mangiare, studiare, giocare, ballare, fare musica e sport, lavoretti manuali e pregare, oltre che a ricevere assistenza medica e psicologica».

 Come attestano le cronache, il Paraguay è diventato negli ultimi anni il principale produttore di marjuana dell’America Latina ed uno snodo fondamentale per la cocaina proveniente dalle Ande.

Molti osservatori parlano, oramai, del Paraguay come di un narco-stato.

Numerosi i giornalisti assassinati nell’ultimo decennio, tra cui Pablo Medina di ABC Color, quotidiano di Asuncìon, noto per le sue inchieste sul crimine organizzato; funzionari pubblici e persino un procuratore antimafia, Marcelo Pecci, ucciso nel maggio 2022 mentre era in vacanza con la sua famiglia in un’isola al largo della Colombia.

«Un recente studio sulla sicurezza – spiega suor Noemi – dice alla lettera che per il contesto paraguaiano, il concetto di narco-politica potrebbe essere insufficiente, e quello di mafia più appropriato, poiché la classica complicità dello scambio di favori tra politica e criminalità organizzata è stata superata.

Al suo posto, si è instaurato un sistema organico di illegalità, che include politici, criminali, colletti bianchi e imprenditori; questo garantisce profitti diffusi e impunità.

Il livello di compenetrazione tra criminalità, società e istituzioni sta raggiungendo livelli così profondi da mettere in discussione la stessa stabilità democratica».

(Continua sul numero di Popoli e Missione di luglio)