Gaza è nel pieno dell’inferno in terra, con i (pochi) camion degli aiuti umanitari entrati dai valichi ma ancora fermi oltre frontiera.
Gli alimenti non sono stati distribuiti e 14mila bambini fortemente malnutriti rischiano di morire di fame, come avvertono le Nazioni Unite. (qui)
Il bilancio dei morti sotto le bombe dell’aviazione israeliana oggi è di 82 persone, mentre Netanyahu nella prima conferenza stampa da dicembre scorso, dichiara che «l’esercito israeliano controllerà l’intera Gaza al termine di questa ultima offensiva».
I palestinesi resistono con tutte le loro forze per poter rimanere in vita nonostante i bombardamenti, ma a Roma la Camera dei deputati boccia una delle mozioni più efficaci (sebbene tardiva), presentata lo scorso 14 aprile da PD, M5S e Avs, che avrebbe potuto se non altro mettere un freno al bagno di sangue.
Il documento votato oggi (e respinto, assieme ad altre due proposte) conteneva 10 punti tra cui lo stop all’export di armi verso Israele e l’attivazione di sanzioni a Israele per le gravi violazioni del diritto internazionale a Gaza.
Al punto 5 si legge:
«sospendere urgentemente le autorizzazioni di vendita di armi allo Stato di Israele concesse anteriormente alla dichiarazione dello stato di guerra dell’8 ottobre 2023» e «provvedere all’immediata sospensione dell’importazione degli armamenti dallo Stato di Israele, anche in considerazione dei dati emersi dalla relazione 2025 trasmessa alle Camere».
L’Aula ha approvato invece un altro testo, quello della mozione di maggioranza, per «sostenere ogni tentativo di soluzione negoziata».
Durante il voto delle 12.00, un presidio di attivisti, giornalisti e semplici cittadini con le bandiere della Palestina e cartelli contro la vendita di armi ad Israele, ha manifestato chiedendo la fine del genocidio in corso.
La mobilitazione era promossa da Arci, Assopace Palestina, Aoi e Rete No Bavaglio.
Al presidio anche Silvia Stilli, presidente di Aoi, Luisa Morgantini presidente di Assopace Palestina, Giuseppe Conte e Laura Boldrini, di ritorno dalla carovana giunta fino al valico di Rafah.
«Fuori dal Parlamento chi è complice! Fuori, fuori dal Parlamento chi è complice e artefice di questo genocidio!», ha gridato Morgantini subito dopo la notizia del voto in Aula.
«Siamo andati fin lì (a Rafah) per dire basta alla complicità col governo di Benjamin Netanyahu – ha detto Boldrini a Radio Radicale –
Le storie che abbiamo ascoltato sono aberranti, di privazione totale di ogni bene di prima necessità.
La storia giudicherà queste scelte scellerate”.
La mozione passata, definita “all’acqua di rose” da Boldrini, chiede di «sostenere, insieme ai partner europei e internazionali, ogni tentativo di soluzione negoziata tra Israele e i rappresentanti palestinesi – anche a partire dal piano predisposto dai Paesi arabi – per la stabilizzazione e la ricostruzione di Gaza e per consolidare in modo permanente la cessazione delle ostilità».
Nessun riferimento ad eventuali sanzioni economiche contro Israele, né tantomeno alle responsabilità dell’esercito israeliano e nessuna richiesta di immediato cessate il fuoco.
Il testo, molto blando, peraltro avanza una serie di richieste anacronistiche (come quella dei due Stati per due popoli) superate dagli eventi in corso.
La mozione testualmente chiede di «rilanciare un processo politico verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente, basata sulla soluzione dei due Stati, con Israele e uno Stato di Palestina che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza, all’interno di confini mutualmente riconosciuti».