“Caro papa Francesco, ti ringrazio per la tua straordinaria normalità: per aver mostrato che si può esser Papa e andare dal calzolaio, dal dentista, dall’oculista;
viaggiare con l’utilitaria come tanti di noi, abitare semplicemente.
Hai avuto il coraggio di essere te stesso anche rompendo tradizioni, e senza far polemiche.
Anche per il tuo funerale hai disposto normalità”.

Lo scrive suor Teresina Caffi, missionaria Saveriana a Bukavu, in Repubblica Democratica del Congo. Sono diversi i messaggi che stanno arrivando in redazione da parte dei missionari, in ricordo del Santo Padre, deceduto ieri, 21 aprile alle 7.35 in casa Santa Marta. Anche solo poche righe, lettere aperte, parole di ringraziamento e forte affetto: è il contributo di chi la missione la vive da anni, in Africa come in America Latina e Terra Santa.
E grazie a Francesco ha sempre sentito la forza e la prossimità di un uomo ai vertici dell’istituzione, eppure vicino agli ultimi.
“Hai fatto passi su una strada su cui sarà difficile ora tornare indietro – dice ancora suor Teresina –
Hai osato pensare avanti senza rompere con chi si attaccava alle tradizioni.
Forse avresti osato anche di più se non avessi avuto questo popolo variegato da tenere unito”.
Hai però riacceso nella Chiesa parole come “sinodalità”, che possono portare lontano, oltre le tue stesse idee, perché aprono spazi allo Spirito nell’ascolto reciproco”.
La fidei donum Maria Soave Buscemi, per molti anni formatrice al Cum di Verona, e oggi missionaria itinerante in Europa e Brasile, dice:
“Francesco, sei stato tra noi dandoci pratica pastorale di speranza fino alla mattina di Pasqua, il giorno della 13ª luna piena.
Ci hai insegnato a servire Il popolo delle persone impoverite, la 13ª tribù che vaga tra i mari e nelle strade del mondo, affaticata da fame, da guerre e ingiustizie.
Hai riconosciuto Maddalena la tredicesima apostola, tra le donne nell’accolitato e nella diaconia”.
Maria Soave ricorda: “quando abbiamo potuto abbracciarci fisicamente, mi disse che appartenendo al gruppo dei fidei donum ero di un gruppo di buone persone e io gli risposi: “Francesco, tu sei una buona persona!'”.
Dalla Repubblica Centrafricana ci giungono alcune righe anche dal vescovo e missionario carmelitano, padre Aurelio Gazzera.
“Papa Francesco per il Centrafrica è sempre stato una figura vicina e presente.
La sua visita qui a Bangui nel 2015 fu un avvenimento unico che ha voltato pagina ad un periodo lunghissimo di guerra.
Non ha risolto tutti i problemi – argomenta padre Aurelio – però è stato molto forte: la gente è riuscita a rompere un pochino questo schema di violenza e di tensione per lasciare spazio all’amore, alla Fede, alla riconciliazione, all’ascolto”.
Fra Ettore Marangi da Nairobi, in Kenya, dice:
Papa Francesco ha sconfessato il cristianesimo identitario, che invoca la cultura cristiana per salvaguardare i privilegi dei potenti dell’Occidente, in favore di un cristianesimo che sulla scia dell’incarnazione del Signore ‘si fa tutto a tutti'”.
Ancora da suor Teresina Caffi:
“Bergoglio ha messo i poveri al centro dell’attenzione della Chiesa esortando non solo a soccorrerli nell’immediato ma a lottare contro le cause strutturali della miseria”.
E infine un plauso collettivo per l’invito a creare una Chiesa in uscita:
“Ci hai detto che ‘uscire’ non è il compito di alcuni, ma il DNA di ogni credente, della Chiesa stessa”.
Le missionarie donne sanno che per le donne papa Francesco ha fatto molto ma il cammino è appena iniziato:
“Come donne ci hai aperto spazi nuovi – dice suor Elvira Tutolo dal Centrafrica – Certo, molte di noi attendono mete più lontane, ma, come tu hai spesso detto, quel che conta è aprire processi”.