Covax e vaccini, la corsa a ostacoli dell’Africa tra varianti e prima dose

Facebooktwitterlinkedinmail

La lotta contro il Covid e le sue ramificazioni, con il Sudafrica che arranca dietro all’ennesima variante dopo quella Delta (la C.1.2), è simile ad una corsa a ostacoli in Africa.

Per riuscire a vaccinare il maggior numero di persone, nonostante i mezzi scarsi e la diffidenza della gente a farsi iniettare le dosi, i presidi sanitari africani stanno mettendo in campo tutte le loro risorse.

Ma molti Paesi sono ancora fermi alla prima fase.  

In Uganda il ministero della Salute ha reso noto che a metà settembre le dosi arrivate tramite il meccanismo multilaterale Covax erano 2 milioni e 800mila.

Di queste, ne erano state effettivamente erogate 1 milione e 200mila per la prima e 494mila per la seconda dose. Numeri piccoli, considerata la popolazione di oltre 44 milioni di persone.

L’Uganda, esattamente come lo Zambia, il Burundi, il Ruanda, e la Repubblica Democratica del Congo arranca per terminare la distribuzione della prima tranche, mentre si allarga il gap con il resto del mondo ricco.

Ma è anche vero che nei Paesi africani la diffusione del Coronavirus non è in cima alle preoccupazioni della gente, come ci spiega una missionaria dal Ruanda.

«In Ruanda le persone sono molto stanche: i soldi per le attrezzature sanitarie e le mascherine arrivano dall’estero, ma noi riceviamo pochissimo materiale sanitario – spiega Consuelo Ceribelli fidei donum della diocesi di Bergamo – In tutto il Paese, ad oggi, sono state vaccinate 2milioni e 100mila persone con la prima dose, circa un milione e 600mila con la seconda dose».

«I vaccini arrivano, anche dall‘India e dalla Francia, ma il problema è che la gente non la sente come una priorità – dice – i miei operatori hanno tutti rifiutato di vaccinarsi. Chi accetta di farsi vaccinare lo fa perchè riceve qualcosa in cambio, anche del sapone gratis».

Le priorità in Africa sono altre, tra disoccupazione, povertà, guerriglie e lotta per la sopravvivenza quotidiana.

La lentezza di distribuzione dei vaccini è dovuta anche ad altri ostacoli: la difficoltà a raggiungere i presidi sanitari, ad esempio. Inoltre l’obiettivo iniziale dell’Oms non è stato centrato e le quantità inviate dal Nord del mondo risultano inferiori alle aspettative.

Covax aveva come obiettivo quello di distribuire 2 miliardi di dosi di vaccino a circa un quarto della popolazione dei Paesi più poveri entro la fine del 2021.

Ma al momento quelle giunte a destinazione sono 250 milioni in 138 Paesi.

«Covax è un sistema complicatissimo di flussi di denaro che arrivano in proporzione a quanto ciascun Paese dona, e funziona come una Banca d’affari. Vede inoltre le aziende farmaceutiche imporre i propri parametri», ci spiega Nicoletta Dentico, attivista esperta di salute globale.

«Per quanti sforzi l‘Unione europea possa fare per incrementare il numero di dosi di vaccino  tramite CoVax, l’obiettivo iniziale di 2 miliardi è ancora lontanissimo – dice  Dentico – e questo perchè i fondi sono sempre insufficienti per star dietro ai bisogni di milioni di persone, alle varianti del virus e alla difficoltà di distribuzione».

Moltissime dosi di vaccino scadono, altre sono erogate con immensa difficoltà poichè mancano i presidi sanitari e la volontà di raggiungerli.

Secondo l’attivista andrebbe rivisto l’intero meccanismo che mette al centro l’interesse delle aziende farmaceutiche e rimosso il diritto di proprietà intellettuale sui vaccini.

«India e Sudafrica hanno chiesto la sospensione della proprietà intellettuale per poter produrre vaccini in autonomia, ma questo il Covax non lo consente», dice.

Per farlo servirebbero investimenti ad hoc per lo sviluppo tecnologico e sanitario, e l’uso effettivo dei fondi da parte dei governi africani per potenziare la sanità pubblica.