“Il Sud Sudan? Tutt’altro che pacificato!”, Christian Carlassare in attesa del papa

Facebooktwitterlinkedinmail

Il Sud Sudan, dove il Papa sarà in visita, dal 3 febbraio prossimo dopo aver lasciato la Repubblica Democratica del Congo, non è affatto un Paese pacificato. 

Lo ha spiegato ieri il vescovo di Rumbek, il comboniano padre Christian Carlassare, nel corso di un webinar organizzato da Caritas Italiana.

I gruppi armati in Sud Sudan sono «stati messi nella condizione di dover far la pace per non perdere l’occasione del negoziato – ha spiegato Carlassare – ma i problemi rimangono, ci sono molte opposizioni».

La tendenza ed anche «l’abitudine a creare disordine per avere più voce e forza quando si va al tavolo delle trattative», ha aggiunto il missionario comboniano, è un dato di fatto nel Paese.

L’intera trattativa che sta dietro gli accordi di pace, argomenta Carlassare, promuove «ulteriore conflitto perchè un accordo richiede un bilanciamento che non riconosce tutte le posizioni o tutti i gruppi presenti».

E questo mancato riconoscimento genera tensioni e violenze.

Il webinar di Caritas mirava in realtà al lancio di una nuova Campagna di informazione e presa di coscienza della crisi alimentare in atto in tutta l’Africa Orientale, con il lancio di un dossier dal titolo: “Africa, fame di Giustizia”. (clicca qui per scaricare il dossier)

La guerra in Ucraina purtroppo peggiora le cose, dal punto di vista sia alimentare che energetico, ha spiegato il moderatore dell’incontro, Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’area africana per Caritas italiana.

«La situazione più grave al mondo è in Africa Orientale, dipendente per la quasi totalità del suo fabbisogno cerealicolo dall’estero – si legge nel dossier – 1/3 del consumo di cereali è composto da grano, e l’84% dei cereali è importato, di cui 90% da Russia (72%) e Ucraina (18%), con punte del 100% per la Somalia[5], e del 93% del Sudan.

Oltre alla pessima congiuntura mondiale e l’aumento dei prezzi, le principali cause della catastrofe in corso sono la severa siccità, la peggiore degli ultimi 40 anni (5 stagioni consecutive di piogge perse e probabile sesta ) in Etiopia, Kenya e Somalia, le alluvioni in Sud Sudan, i conflitti e la fragilità politica che persistono in Etiopia, Somalia, Sud Sudan».

Durante il webinar è intervenuto anche monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio che ha spiegato come «la Somalia si trovi a fare fronte a due problemi: uno è l’instabilità politica o guerra civile, con il crollo dello Stato somalo tra il ’90 e il ’91», e l’altro è la “ribellione islamista”.

«Che si è aggiunta dal 2008 a tutto il resto: questa ribellione è stata causa di sfollamento e vorrebbe imporre al paese una forma di islam di tipo talebano», ha detto monsignor Bertin.