Il Papa dal Kazakhstan: “dialogo tra le religioni, via della pace”

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Il silenzio come momento di preghiera e di dialogo intimo con Dio.

Così gli oltre 80 leader religiosi riuniti a Nur Sultan hanno aperto il VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions che dal 2003 si svolge ogni tre anni in Kazakhstan.

Papa Francesco, il primo pontefice presente al congresso, ha parlato in nome della «fratellanza che tutti ci unisce, in quanto figli e figlie dello stesso Cielo» e ha rinnovato l’appello alla pace nel nome delle religioni che «ci ricordano che siamo donne e uomini in cammino verso la medesima meta celeste.

La creaturalità che condividiamo instaura così una comunanza, una reale fraternità.

Ci rammenta che il senso della vita non può ridursi ai nostri interessi personali, ma si inscrive nella fratellanza che ci contraddistingue. Cresciamo solo con gli altri e grazie agli altri».

Malgrado i problemi di salute, il papa pellegrino in «una terra percorsa nei secoli da grandi carovane» un tempo antica via della seta, ha auspicato che il Kazakhstan possa essere ancora una «terra d’incontro tra chi è distante, incentrata sui rapporti umani: sul rispetto, sull’onestà del dialogo, sul valore imprescindibile di ciascuno, sulla collaborazione; una via fraterna per camminare insieme verso la pace».

Nella grande sala del Palazzo dell’Indipendenza, papa Bergoglio ha ricordato le parole del poeta e filosofo Abai Kunanbaïev (1845-1904) considerato il padre della letteratura nazionale, che invitava a mantenere «desta l’anima e limpida la mente» per purificare la religione da strumentalizzazioni e fondamentalismo.

Dopo decenni di ateismo di Stato, è venuto il momento di riconoscere che «le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa.

La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono infatti ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli».

Ribadendo che la libertà religiosa è un diritto fondamentale della persona umana, Francesco ha precisato alcune importanti modalità del dialogo interreligioso.

Se è «diritto di ogni persona rendere pubblica testimonianza al proprio credo» è importante «proporlo senza mai imporlo» perché «la buona pratica dell’annuncio è differente dal proselitismo e dall’indottrinamento, da cui tutti sono chiamati a tenersi distanti».

Relegare alla sfera del privato il «credo più importante della vita» priverebbe la società di una ricchezza immensa; mentre al contrario bisogna «favorire contesti dove si respira una rispettosa convivenza delle diversità religiose, etniche e culturali: è il modo migliore per valorizzare i tratti specifici di ciascuno, di unire gli esseri umani senza uniformarli, di promuoverne le aspirazioni più alte senza tarparne lo slancio».

Proprio dal dialogo tra le religioni possono venire importanti prese di coscienza nei confronti delle sfide globali che attualmente l’umanità sta affrontando.

Pandemie, guerre, accoglienza ai migranti e custodia del Creato sono le quattro grandi incognite che pesano sul nostro futuro.

Sottolinea Francesco che «le religioni sono chiamate a stare in prima linea, ad essere promotrici di unità di fronte a prove che rischiano di dividere ancora di più la famiglia umana.

Sta a noi, che crediamo nel Divino, aiutare i fratelli e le sorelle della nostra epoca a non dimenticare la vulnerabilità che ci caratterizza: a non cadere in false presunzioni di onnipotenza suscitate da progressi tecnici ed economici, che da soli non bastano».

Insomma, la vulnerabilità emersa durante la pandemia, deve stimolare nei credenti una riflessione profonda per diventare «artigiani di comunione, testimoni di una collaborazione che superi gli steccati delle proprie appartenenze comunitarie, etniche, nazionali e religiose».

A latere dell’incontro dei leader religiosi, presso il ministero degli Esteri della capitale è stato sottoscritto un accordo tra la Santa Sede e la Repubblica del Kazakhstan, che consolida i vincoli di amicizia e di collaborazione siglati nel 1998.

La nuova intesa facilita la concessione dei visti e dei permessi di soggiorno al personale ecclesiastico e religioso proveniente dall’estero e impegnato nella cura pastorale dei fedeli cattolici in Kazakhstan.

(Nella foto in evidenza papa Francesco in Kazakistan, con il Grande Imam della moschea egiziana di al-Azhar, Sheikh Ahmed Al-Tayeb. Crediti VATICAN MEDIA/AFP).