Cabo Delgado, il Nord del Mozambico ancora sotto attacco

Parla il vescovo di Pemba intervistato da Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Facebooktwitterlinkedinmail

Il terrorismo di matrice jihadista colpisce ancora nella regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico.

Si ripetono uccisioni e poi sequestri di donne e bambini, chi riesce a sfuggire agli aguzzini è costretto alla fuga: 11mila persone sono scappate solo negli ultimi mesi.

«Siamo in un periodo molto confuso, con nuovi attacchi che si stanno diffondendo nella regione meridionale della Diocesi, molto panico e molta incertezza.

Grazie per il vostro aiuto», ha comunicato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre il vescovo di Pemba, monsignor António Juliasse Sandramo.

Sotto attacco i distretti di Ancuabe e Chiure, dopo quasi un mese di relativa pace: è cambiato il modus operandi del gruppo terroristico che si identifica come Provincia del Mozambico dello Stato Islamico.

I terroristi hanno iniziato le loro attività nell’ottobre 2017, ricorda la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, con offensive su larga scala e hanno persino preso il controllo della città di Cabo Delgado; ora tuttavia tendono ad attaccare in gruppi più piccoli che si infiltrano e saccheggiano piccole città e insediamenti con maggiore facilità. 

Il governo ha rafforzato la presenza militare nell’area e sta fornendo protezione ai convogli lungo le strade principali, ma testimoni locali che hanno chiesto di mantenere l’anonimato hanno riferito ad ACS che anche l’esercito ha subito vittime.

«Non sono stati solo i civili a essere decapitati, ma anche i soldati», afferma la fonte.

Il vescovo Juliasse Sandramo, insediatosi alla fine di maggio, invita il mondo a non dimenticare la difficile situazione dei mozambicani.

«Cabo Delgado deve ancora affrontare un problema di terrorismo e ha bisogno del sostegno del mondo intero, sia con gli aiuti umanitari sia nella ricerca di soluzioni globali, affinché il Mozambico possa trovare stabilità, pace e progresso.

Abbiamo parrocchie praticamente distrutte – prosegue il prelato -, sacerdoti che vivono situazioni difficili perché hanno dovuto abbandonare la loro missione a mani vuote; bambini, anziani e altri hanno grandi bisogni e non possiamo farcela da soli».

Il Mozambico è prevalentemente cristiano, tranne nel nord, dove i musulmani sono la maggioranza. Un gran numero di sfollati interni dunque non è cristiano.