Suor Maria Angela ricorda la Casa degli Angeli in Thailandia

La missionaria saveriana racconta gli anni della missione in Asia e la scelta totale di vivere il vangelo fra i buddisti.

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«La profezia è vedere Dio all’opera: lui lavora davanti ai tuoi occhi. Basta lasciargli lo spazio per agire e seguire la sua intuizione».

Anche quando la scelta si fa azzardata. Per la saveriana suor Maria Angela Bertelli, classe 1959, la profezia si è fatta viva prima in Sierra Leone dal 1993 (dove venne rapita nel 1995 dai guerriglieri del Ruf con altre sei consorelle) e poi in Thailandia, dove la sua missione prese il volo, grazie alla Casa degli Angeli, un’accoglienza per bimbi con disabilità e le loro mamme.

«Arrivai nel 2001 nel distretto di Chae Hom, nella Provincia di Lampang, tra le tribù dei monti della Thailandia», ci racconta.

«Quasi subito chiesi di vivere in una baraccopoli di Bangkok, perché è giusto andare in mezzo a chi davvero non ha più speranza».  Così suor Maria Angela (che è anche infermiera e fisioterapista) inizia ad occuparsi di persone disabili; le cura, entra in empatia con loro, non può fare evangelizzazione (la religione ufficiale in Thailandia è il buddismo), ma porta tra le persone, grazie al suo servizio, al suo sorriso, un vangelo vivo, fatto di gesti, cure e sguardi.

Grazie a un progetto nato dopo la devastazione dello tsunami, nel 2004, riesce ad aprire la Casa degli Angeli, una residenza per mamme sole, con bimbi che hanno delle gravi disabilità e che altrimenti sarebbero rimasti ai margini della società.

«Attraverso la preghiera, e leggendo il vangelo, le mamme – tutte buddiste – hanno capito che i bambini non erano il frutto di un karma, ma erano Gesù stesso, e loro avevano l’onore di servirlo! la preghiera era la cosa fondamentale. ‘Questo Dio è più vicino a noi dei nostri stessi mariti’, dicevano».

 Nel video la Casa degli Angeli, con un’intervista a suor Angela.

A proposito del rapimento, di cui fu vittima in quegli anni, la suora dice:

«Mi sono messa nella mani di Dio, non potevo rinnegare la mia strada. Ho sofferto, ho visto il peggio dell’uomo, ma è proprio così che ho capito l’importanza del volontariato. Noi siamo fortunati, ma nel mondo esistono persone che vivono questa realtà giorno per giorno, è per loro che ho continuato».

«È stato un alveare di vita», ricorda. «Abbiamo iniziato a leggere insieme il Vangelo e quelle mamme riuscivano a stupirmi ogni volta: la loro interpretazione della Parola mi faceva piangere. Pur non avendo mai sentito parlare di Gesù, lo capivano molto più di chi studia tanto sui libri e non lo sente».

Infine, nel 2016 il rientro in Italia, a Parma e l’abbandono a malincuore della missione in Thailandia amata con tutta l’anima.