Report Focsiv: land grabbing, il business dei padroni della Terra

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Dietro il dramma della pandemia solo nel 2020, oltre 8.500 chilometri quadrati di foresta amazzonica sono andati in fumo.

Un intollerabile sfruttamento che continua per i consumi dei Paesi occidentali ed emergenti. E’ uno dei dati che emergono dal quarto report “I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2021” che Focsiv ha presentato venerdì 9 luglio scorso presso il Chiostro di Santa Maria sopra Minerva a Roma durante un seminario organizzato in vista del pre-summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari.

Nell’ultimo anno sono stati oggetto di land grabbing ben 93 milioni di ettari di terreni (quanto Francia e Germania insieme) secondo la logica di modelli tecnocratici e consumisti denunciata da papa Francesco.

Lo ha sottolineato nell’intervento introduttivo Ivana Borsotto, presidente Focsiv, che ha spiegato che «l’interconnessione delle crisi generate esaspera la non sostenibilità, accelerando gli esiti: cambiamenti climatici, migrazioni causate anche dalla desertificazione di numerose aree del mondo, incremento delle diseguaglianze tra gli abitanti del pianeta, che a seconda della loro posizione sullo scacchiere mondiale hanno garantiti o meno i propri diritti umani più basilari».

Infatti, come si legge nel report «l’accaparramento delle terre e le crescenti disuguaglianze colpiscono le comunità più vulnerabili e più fragili, e pesano soprattutto su donne e bambine, schiacciate da società patriarcali e da tradizioni secolari di discriminazioni».

Terre protagoniste di sfruttamento e traffico delle risorse naturali, ma anche popoli indigeni messi in grave sofferenza da questo sistema macro economico. Il report punta l’attenzione su queste minoranze etniche e sui propri diritti fondamentali, così difficili da sostenere a volte anche a prezzo della vita, dato che lo scorso anno 331 attivisti indigeni sono stati uccisi. La loro opera di resistenza è stata ed è «portata avanti con coraggio soprattutto dalle donne, che emergono come protagoniste contro le iniquità e le ingiustizie». Molte le attività di cooperazione allo sviluppo degli Organismi appartenenti a Focsiv, presenti con centinaia di volontari e operatori in tanti villaggi, periferie, scuole, centri sanitari, campagne, comunità. La cooperazione internazionale è la chiave di volta, ha spiegato Borsotto, per «un cambiamento radicale del sistema globale, verso una società più equa, più giusta e più sostenibile, seguendo nuove e migliori regole economiche e finanziarie» tra gli Stati, sotto normative internazionali delle Nazioni Unite e dell’Unione europea.

Infatti è stato sottolineato da Maurizio Martina, special advisor e vice direttore generale aggiunto alla FAO che «non si può pensare di risolvere problemi di portata globale, come quello della sicurezza alimentare, solo con leggi nazionali e azioni di volontariato. Bisogna inventare nuovi strumenti di multilateralismo. Serve costruire un’alleanza con i cittadini per far accrescere la consapevolezza sui problemi.

L’obiettivo è il cambiamento di paradigma. Su questo l’Italia ha qualche carta da giocarsi, ma bisogna costruire consenso attorno alle proposte».

Tra i relatori anche Alessandra Stefani, direttore generale dell’economia montana e delle foreste del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che ha messo in luce la necessità di «trovare una via intermedia tra lo sviluppo, dal quale non possiamo prescindere, e la sostenibilità. Il modello estrattivista, o neo-colonialista, è un modello forte, che prescinde dalle comunità, e le espelle. Noi invece dobbiamo valorizzare il saper fare delle comunità locali, rendendole un ponte con “l’antico”, che oggi è diventato modernissimo».

In collegamento video dall’Africa, Rita Uwaka, attivista per la giustizia ambientale di Environmental Rights Action/ Friends of the Earth Nigeria ha portato la voce del Tribunale dei popoli africani (Apt) che nel novembre dello scorso anno ha denunciato l’espansione su larga scala delle agro commodities. Uwaka ha sottolineato che alcune multinazionali agroalimentari «ricorrono a meccanismi di greenwashing, mentre vengono sostenuti modelli di business industriale che arricchiscono le aziende e i loro azionisti, corrompono il governo e impoveriscono le comunità. Il Tribunale dei popoli africani considera grazie alle prove presentate che dieci corporazioni transnazionali sono chiaramente responsabili di gravi violazioni diffuse e sistematiche dei diritti sociali e culturali dei loro popoli. Sono anche responsabili di violazioni del diritto alla salute e alla vita, dei diritti dei lavoratori e di altri diritti delle persone, compresi i diritti civili e politici e i diritti delle donne e dei bambini».