La donna di Kayarika: dal Benin una storia di carità e lotta al ‘legalismo’

Don Amedeo Cristino scrive una lettera raccontando una vicenda che fa riflettere.

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«Quando il nodo che mi serrava la gola si è sciolto le ho detto che sarei tornato la domenica delle palme per celebrare con loro e che avremmo riparlato del suo battesimo. Le palme stanno arrivando. Vi chiedo il dono della vostra preghiera per riuscire a fare ciò che è giusto. Buona Pasqua».

Una bellissima lettera dal Benin ci giunge da don Amedeo Cristino, missionario fidei donum a Cotiakou. Don Amedeo racconta questa storia di amore per il vangelo, ma soprattutto di tentativo di creare una Chiesa davvero in uscita, che vi proponiamo qui di seguito.

«Ero a Kayarika per la messa domenicale. Terminata la celebrazione, il catechista mi segnala che una donna vuole parlarmi».

«“Padre vorrei battezzarmi, ma mi dicono che io non posso perché sono la seconda moglie di un poligamo”. Il catechista conferma che le ha spiegato più volte che le mogli di un poligamo, ad eccezione della prima, vivono in concubinato e quindi la chiesa dice che non possono ricevere il sacramento del battesimo. La donna solleva per un attimo la testa. Le vedo il viso. Quanti anni avrà? Il corpo è sfiorito e i seni raccontano di molti allattamenti, ma il volto è fresco e luminoso.

“Lascia stare quello che dice la chiesa. Tu che cosa dici, cosa pensi?”. La superficie dei suoi occhi s’increspa e una lacrima si affaccia all’orlo delle ciglia.

Penso: “I suoi occhi sono un posto bellissimo da abitare”».

«“Dico che sono entrata nella casa di mio marito che ero una ragazzina, tanto ma tanto tempo fa. Voi dite che la vita con mio marito non è una buona cosa, ma io ho avuto cinque figli con lui e loro sono una buona cosa.

Credetemi, padre, ho fatto del mio meglio per essere una buona sposa per lui e mi sono sforzata di andare d’accordo con la sua prima moglie, ma ora mi dite che il mio impegno, i miei sforzi, i miei sacrifici sono peccati e che devo lasciare il mio sposo se voglio battezzarmi.

Ma lasciare lui significa lasciare anche i miei figli e ammettere che i miei figli sono figli del peccato e che la mia vita è tutta sbagliata. Padre io non ce la faccio e perché la chiesa mi chiede una cosa che mi fa tanto male?

Gesù io l’ho incontrato in questo momento della mia vita. Lui mi è venuto incontro ora e io ho scoperto le parole del vangelo e sono belle e vere. Perché Gesù mi ha dato il desiderio del battesimo se io sono sbagliata?”.

Le parole della donna mi bruciano dentro da quel giorno. Come è possibile nel nome di Gesù generare tanto dolore nella vita delle persone? Ma non è proprio contro questo legalismo che dichiara certe vite pure e altre condanna come impure che Gesù ha lottato?

Nella mia esperienza di prete ho benedetto di tutto: negozi e case, animali e macchine, profumi e balocchi, ma non posso benedire questa figlia che certamente ha più fede di me ed è piena del desiderio di essere riconosciuta pienamente figlia di Dio. Di lei posso solo dire bene.

Mentre la donna parlava mi ricordavo, ossia prendeva posto nel cuore il volto impaurito della donna emorroissa, ladra di miracolo, che si getta ai piedi di Gesù per raccontargli la sua pena e la sua guarigione e lo sguardo del Maestro che si fa carezza quando incontrano gli occhi della donna e la sua voce mentre le dice “Figlia, tu sei figlia. Non hai bisogno di venire da dietro, di nascosto a elemosinare ciò che altri sprecano. Sei figlia …”.

Come dire a questa donna, a queste donne che sono figlie e non un errore da correggere?

«Davanti alla donna di Kayarika il mio silenzio si è popolato di mille domande senza risposta. A lei ho potuto offrire solo la carezza e l’abbraccio per cercare di dirle: “Figlia, tu sei figlia”».