In Nepal il Covid imperversa, rischi elevati per mamme e neonati

Da metà aprile ad oggi casi triplicati, oltre 9mila morti.

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Il caos brulicante a Kathmandu. Le feste religiose, i matrimoni e i raduni politici. Fino ad aprile, con 300 infetti al giorno e nessun morto, in Nepal la vita sembrava essere tornata quella di sempre.

Ma da metà aprile al 13 luglio i casi di contagio sono schizzati in alto:  657mila e 139  contagiati e 9mila e 400 morti.

A soffrire maggiormente sono le donne in gravidanza: molte di loro, come riporta il Guardian, sono decedute al momento del parto, perché non hanno potuto o voluto raggiungere l’ospedale per paura di venire contagiate dal Covid.

Poco dopo la prima ondata dell’anno scorso, nel Paese himalayano – stretto fra Cina e India – si è sottovalutata la potenza di diffusione della “variante indiana”.

Ma come si legge sul Nepali Times, «sapevamo che lo tsunami stava arrivando. Una lotta politica ha rallentato la risposta del governo, e noi siamo stati guardare».

A metà maggio scorso il tasso di positività al nuovo Coronavirus è salito al 50 %, il più alto al mondo rispetto al numero di abitanti (30 milioni). Si sono registrati fino a novemila contagi e 150 decessi al giorno.

È iniziata una battaglia contro il tempo per recuperare ossigeno, ventilatori, medicine, mascherine, letti, mentre gli stessi medici e infermieri si ammalavano.

Una catastrofe in una nazione tanto vicina all’India, ma con un sistema sanitario ancor più fragile. A Kathmandu si conta un medico per 850 pazienti, ma nel Nepal rurale solamente uno per 15mila persone.

«I primi distretti a essere colpiti sono stati proprio quelli al confine con l’India» spiega Barbara Monachesi responsabile dell’organizzazione Apeiron ODV.

«I nepalesi credevano di essere meno vulnerabili perché in media più giovani rispetto agli europei». Ma è stato un errore non proteggersi.

Continua Monachesi: «Con l’India c’è una ‘contaminazione’ economica, politica, sociale. Le province confinanti sono quasi parte di una stessa nazione.

Tantissimi nepalesi vanno a lavorare in India e rientrano». Ora è stato imposto un lockdown severo, ma servono i vaccini, anche per scongiurare nuove varianti. Il governo indiano, travolto dalla sua epidemia, ha bloccato un milione di dosi di AstraZeneca.

La Cina ha promesso un altro milione di dosi di Sinopharm. Troppo poco. Il programma Onu COVAX per i Paesi poveri procede a rilento. Per questo la diaspora nepalese negli USA ha chiesto a Biden l’invio immediato di 12 milioni di dosi delle sue scorte. Ci si salva insieme.