Covid Zambia: seconda ondata in corso, allarme dei vescovi

Con la pandemia rischia di accentuarsi anche la crisi del debito.

Facebooktwitterlinkedinmail

In Zambia è di nuovo allarme Covid: il Paese africano, che sembrava aver tenuto a bada il virus, si trova ad affrontare in questi giorni un’impennata di casi, con un numero di infetti che tocca le 28mila 596 persone, 166 decedute e 706mila tamponi effettuati. Soprattutto, a destare allarme è la necessità di “ospedalizzare” gli ammalati che finora potevano essere curati in casa.

Le statistiche aggiornate giungono dal Ministero della salute che ha emanato delle linee guida.

Ma ad esprimere preoccupazione per «il trend allarmante» sono i vescovi dello Zambia, in un comunicato divulgato qualche giorno fa e firmato da monsignor Chisanga.

I vescovi mettono in guardia la nazione e chiedono alla popolazione di seguire tutte le misure preventive necessarie per evitare un ulteriore inasprimento della pandemia.

«Tramite la Conferenza dei vescovi cattolici (Zccb), vi scrivo per portare alla vostra attenzione il preoccupante trend che riguarda la situazione del Covid-19 e il ruolo che possiamo giocare noi, in quanto Chiesa», si legge nella lettera aperta, firmata da monsignor Patrick Chisanga, vescovo di Mansa e direttore della Commissione Salute della Conferenza episcopale.

«Come avrete sentito siamo stati informati dal Ministero della Salute del fatto che una seconda ondata di Covid-19 è in corso in Zambia. C’è stata una escalation di casi e una impennata del numero dei morti. Questo aumento è accompagnato da un incremento della gravità della malattia che richiede ora una ospedalizzazione e terapie di ossigenazione».

E proprio su questo punto cresce la preoccupazione: lo Zambia non è preparato, dal punto di vista delle infrastrutture sanitarie, ad accogliere un eventuale aumento delle terapie intensive.

 «Le nuove infezioni sono più facilmente trasmissibili e si diffondono in modo più esteso dal punto di vista geografico», aggiunge Chisanga.

 «Se questa traiettoria prosegue, sarà inevitabile un lockdown delle aree più colpite, con tutte le conseguenze devastanti che ne conseguono. E’ ancora molto fresco il ricordo dell’interruzione della nostra vita sociale, economica e religiosa di cui abbiamo fatto esperienza nei mesi passati». La lettera del vescovo prosegue con una serie di raccomandazioni a tutta la comunità cattolica e all’intera cittadinanza, chiedendo il rispetto delle norme igieniche e del distanziamento sociale.

Ma lo Zambia è uno dei Paesi africani sui quali, in questi mesi, i riflettori internazionali sono accesi anche per un altro motivo: la crisi del debito sovrano.

A novembre scorso il governo di Lusaka ha dovuto dichiarare l’insolvenza ed il Paese è tecnicamente entrato in default.

La crisi pandemica non fa che accentuare quella economica, bloccando ulteriormente le attività produttive e commerciali.

I giornali africani e quelli di analisi economica hanno molto parlato delle conseguenze dell’insolvenza. Le ultime analisi insistono sul fattore Fondo Monetario Internazionale.

Il rischio è infatti quello di entrare nel circolo vizioso dei prestiti del FMI che a breve possono risolvere la carenza di liquidità, ma creano dipendenza dagli aiuti e immettono le economie deboli in un circuito di tagli alla spesa pubblica (per dar vita alle riforme strutturali richieste) e ulteriore contrazione della crescita.

Steve Hanke, professore di Economia applicata alla Johns Hopkins University, intervistato da the Africa Report, ha fatto notare che «i programmi del FMI non forniscono cure, ma creano dipendenza» e «nel lungo termine la maggior parte di essi fallisce a causa della condizionalità» dei prestiti.