Bolivia: il fidei donum Giavarini, in missione tra gli ex detenuti

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Quando si arriva a La Paz, percorrendo i chilometri che separano l’aeroporto dalla capitale boliviana si incontra una città nella città, El Alto, una delle zone più povere dell’intera America Latina, dove si concentrano tutti i problemi endemici di queste terre: dal traffico di droga allo sfruttamento minorile, dalla storica marginalità degli indios all’impossibilità per le donne di raggiungere una vera emancipazione, dal disagio giovanile alla disoccupazione.

Proprio qui, in questo girone infernale attraverso cui il turista medio cerca di transitare il più velocemente possibile, ha deciso di mettere radici Riccardo Giavarini, missionario laico originario di Telgate (Bergamo), che in Bolivia è arrivato poco più che ventenne nel 1976 e si è poi sposato mettendo al mondo cinque figli.

Non si contano, dopo 45 anni, i progetti e le opere messe in piedi da Giavarini – che per nove anni ha vissuto anche in Perù, prima di doversene andare, minacciato dai terroristi di Sendero Luminoso -, supportato dalla Chiesa locale, da tanti volontari boliviani e altrettanti donatori italiani e di vari Paesi europei: detenuti, adulti e giovani, sono stati per esempio protagonisti di tante sue iniziative, così come bambini e bambine strappati alla prostituzione, a una vita sulla strada, all’analfabetismo.

Tra le sue soddisfazioni maggiori, probabilmente, c’è quella di essere riuscito a far nascere, dopo dieci anni di lavoro, il primo carcere minorile della Bolivia, Qalauma, a pochi chilometri da La Paz.

Nella struttura possono ora essere ospitati, in un percorso di vera rieducazione, ragazzi che in precedenza venivano trattati alla stregua di criminali di lungo corso.

Riccardo a La Paz è ormai un’istituzione, mentre è meno noto in Italia. Ma ad accendere giustamente i riflettori, non tanto sulla sua persona ma sulle sue attività, ci hanno pensato i promotori del Premio Cuore Amico che lo scorso ottobre lo hanno scelto tra i vincitori del 2021 (dieci anni prima Giavarini aveva ottenuto il riconoscimento di “Volontario dell’anno Focsiv”): l’importo del Premio verrà utilizzato per recuperare le produzioni agricole tradizionali boliviane (frutta, miele, fiori, caffè) in una azienda agricola che darà lavoro a ragazzi e ragazze che escono dal carcere o che hanno avuto problemi legati allo sfruttamento sessuale.